sábado, 23 de junio de 2012

I Roscaldi. Gli eredi, de Nella Pasini (1930)


«… aveva asserito il vero dicendo che nella consuetudine di casa Cesio e di casa Ariani s’era iniziata una specie di educazione del proprio spirito rispetto a un ‘fatto’ al quale sentiva chiaramente di non essere estraneo, poiché gli era bastato entrare nella corrente sentimentale de’ suoi amici per avvertire in sé immediate rispondenze e profondi richiami. Era come se una corda della sua sensibilità rimasta inerte e ignota a lui stesso vibrasse per spontanea simpatia in contatto con quella atmosfera in cui coglieva echi d’impressioni indefinite, sfuggenti al controllo del pensiero. Forse erano appena un effetto di suggestione provocata dal ricordo familiare, chè, sebbene suo padre si fosse volontariamente e come violentemente staccato dal passato, Angiolo sapeva che alle radici della propria vita c’erano i sogni, le fatiche, le ansie degli esuli di ieri: esule era stato Andrea Roscaldi, il vittorioso; esule era quella triste nonna Luisina che viveva come un fantasma nel ritiro della “Capillita’ e della quale egli ricordava vagamente un tremore di mani stanche tra i suoi riccioli di bimbo.
S’egli non si fosse mai mosso dal ‘Remanso’, o se la fortuna non gli avesse fatto incontrare, nella vastissima città cosmopolita, le case de’ suoi amici, probabilmente si sarebbe straniato dalla propria origine senz’averne nemmeno coscienza. Tra gli amici prediligeva gli Ariani; non solo per la fedeltà del loro affetto verso il babbo e la mamma, ma ancora per una affinità maggiore, fra lui ed essi. Marcello e le figliuole nutrivano un vero culto per la patria di origine, ma si sentivano profondamente argentini, ed Anna stessa amava con passione la patria delle sue creature.
‘Ecco - pensava Angiolo, incline, per natura, alla meditazione e portatovi spesso, quasi a sua insaputa, da quell’abito di raccoglimento in cui s’era precocemente sviluppata la sua vita interiore - ecco - la famiglia ideale uscita da un primo innesto di sangue e d’anima perfettamente felice, perché realizzato in un piano superiore di coltura. Domani Andreina e Velia formeranno comunioni più strette nelle loro famiglie, interamente argentine, ove le energie scaturite dalle primigenie sorgenti circoleranno con nuova ricchezza, avendo acquistato, anche spiritualmente, schietta ed autonoma personalità argentina.
Allora, per la prima volta, apparve l’interessante fenomeno di assimilazione che si avverava giorno per giorno nella vita del suo paese, preparando il materiale per una futura compagine nazionale. Meraviglioso era il potere assimilativo esercitato dalla giovane Repubblica sugli elementi umani che ad essa convergevano, attratti dalla liberalità delle sue leggi, dalla sana democrazia del suo spirito, dalla dovizia delle sue risorse presso che intatte, dall’avvenire lievitante nel seno della sua vergine campagna.
Essa aveva trovato il segreto per avvincere a sé l’immigrato, imponendo, in cambio di ciò che offriva, la cittadinanza argentina a tutti i nati nel suo territorio: l’antico ‘jus loci’ romano in opposizione all’ ‘jus sanguinis’ mantenuto dalle vecchie nazioni europee, cui urgeva, se mai, un problema demografico perfettamente antitetico al suo. Ed i figli erano il vincolo prezioso fra le antiche patrie e la nuova; erano l’arra più sicura di una solidarietà spirituale che sovrastava ogni ragione di materiale interesse.
Angiolo provò un senso di orgoglio nell’intuire la bellezza di quella generosa trasfusione di sangue e di pensiero, d’idealità e di fedi attinte alle più vetuste tradizioni del mondo, da cui rampollava l’armoniosa individualità argentina. E ‘vide’ questa individualità crescere con baldanza giovanile dal più fervido crogiuolo della sua formazione; distendersi per tutto il vasto territorio come da un tronco poderoso - le cui radici abbiano abbondantemente bevuto i succhi accumulati dalle alluvioni - il frondoso rigoglio de’ rami; e da quel diffondersi di forza vitale nascere la nazione futura: una Argentina popolata in tutte le sue dilatate regioni da eserciti d’uomini alacri: immense pianure ondeggianti di messi come mari d’oro, e in mezzo, simili a fragorose isole, città febbrili alimentate dal suolo dovizioso. Poi, con il lieto trabocco delle forze fattive di progresso economico, un trabocco di energie spirituali plasmatrici di una civiltà libera da pesi di tradizione, immune da compromessi politici, largamente umana nel suo contenuto nuovo. »

PASINI, Nella, I Roscaldi. Gli eredi. Santa Margherita Ligure: Casa Editrice ‘Le Caravelle’, 1930.

Imagen: detalle de “Il Cenacolo” de Leonardo Da Vinci (1495-1498).


viernes, 22 de junio de 2012

Viaggio alla Terra del Fuoco e in Patagonia, de Mirko Ardemagni (1928)

Un encuentro en Ushuaia




"Cè anche un italiano nell'ergastolo che fa il capocarpentiere. Insegna l'arte dell'incisione in legno agli altri deportati e non disdegna i conforti religiosi del padre salesiano Torres.
[...]
È là in un angolo del cantiere, curvo vecchio tremante con una catena al piede e un globo di marmo che lo accompagnerà fino alla tomba. Sta sbozzando una madonna di legno che da sola vale a farmi capire che quel vecchio è figlio, se pur indegno, della nostra terra. Gli parlo in italiano e lui alza su le mani mostrandomi il suo lavoro.
-Chi siete.
-Non so.
E con il dito mi fa vedere un numero stampato sulla sua giubba: 307!
-Signore mio, son trent’anni che non vedo un volto di donna, ma mi ricordo sempre di mia moglie, in ogni ora del giorno, e vorrei che tutte le mie statuette fossero belle com’era bella lei. Signorino, me disculpe; no me recuerdo mas l’idioma de mi tierra. E mi perdoni se mi trovo qui.
Lo lasciamo così. E lui che ha sentito parlare quella lingua che una volta era la sua rimane stordito a guardarci e oscilla la testa come se volesse dire di sì, con gli occhi gonfi di lacrime senz'altro gesto e senza una parola."



ARDEMAGNI, Mirko, Viaggio alla Terra del Fuoco e in Patagonia.  Milano: Casa Editrice Giacomo Agnelli, 1928.


Reescrituras de textos italianos en la producción de Leopoldo Marechal


Sublimación y censura de lo erótico[1]

Fernanda Elisa Bravo Herrera

Tutti li miei penser parlan d’Amore.
Dante, Vita Nuova, cap. XIII[2]

…su bandera de amor es mi bandera.
Leopoldo Marechal, Sonetos a Sophia

I’mi son un, che quando
Amor mi spira, noto e a quel modo
ch’e’ditta dentro vo significando.
Dante, La Divina Comedia, Purgatorio, XXIV, 52-54[3]

Porque de amor es la carne de mi prosa, y del color de amor se tiñe su vestido.
Leopoldo Marechal, Adán Buenosayres



Este trabajo se propone rastrear en la producción de Leopoldo Marechal el entrecruzamiento de textos italianos que funcionan como una cadena significativa del erotismo, a partir de la cual se puede reconstruir el horizonte ideológico del sujeto de la enunciación y la legibilidad social del texto literario, ya que toda palabra está en un diálogo social e histórico, en una interacción discursiva en donde se reactualizan y se convocan representaciones que reproducen valores sociales y proyectos ideológicos, por lo que la lectura constituye un trabajo con la memoria colectiva y con la productividad del entramado de numerosos discursos y voces.
La complejidad de la escritura de Leopoldo Marechal se produce por la aparente diseminación polifónica con lo paródico de las estrategias carnavalescas – apropiadas de la cultura popular y de las producciones carnavalizadas – y por la concentración didáctica y anagógica con la legislación interna de la épica mística – que continúa los valores del dolce stil nuovo y de los sermones medievales.
En este encadenamiento textual y en la convergencia de semas, el erotismo organiza la escritura y se constituye como un sistema de valores que regula el espacio ideológico de los sujetos, sus prácticas sociales y discursivas. Es a partir del erotismo que se construye la noción de héroe, en «la relación estrecha que existe y debe existir entre las cosas y sus nombres; porque el nombre es la cosa misma en la expresión de esencia inmutable» (Marechal, 1936 b: 489)[4]. De esta manera, el héroe, cuyo nombre «deriva de Eros, nombre antiguo del amor» (DAAB, 95), es entendido como el «Amante» que debe recorrer una «vía de amor», en tanto «el heroísmo es un movimiento de amor hacia los demás, que exige del héroe un despojo absoluto de sus intereses individuales» (Marechal, 1936 a: 101), «un sacrificio amoroso […] de darse todo, cuando la empresa lo exige todo y lo merece todo» (Ibid, 1936 b: 487). Esa vía de amor  del héroe y del lector modelo – que se comprende como «la experiencia mística del viaje del alma que tiende a unirse a Dios» (Ibid, 1944: 17, 25) en la búsqueda de «la Amorosa Madonna Intelligentza» (MG, 173) del stilnovismo  italiano -, se realiza en un itinerario con pruebas que se deben superar y que configuran la mirada al mundo sostenida con convocatorias textuales.
En esta mirada, las estrategias carnavalescas sostienen la interpretación o narración significativa de la crisis del erotismo sublime, señalando con lo cómico de las parodias y de las sátiras lo ridículo de un amor que sólo se limita a lo carnal, a lo bajo corporal, perdiendo en la multiplicidad y en las apariencias lo trascendente del poder unitivo del Amor. Esta crítica se construye con la apropiación selectiva de algunos textos italianos paródicos. De esta manera, el extravío colérico de Adán Buenosayres (AB, 145-146) convoca paródicamente la locura de Orlando Furioso de Ludovico Ariosto (1516-1532), parodia, a su vez, de Orlando Innamorato  de Matteo Maria Boiardo (1487)[5]:

Confieso haber padecido la furia de Orlando, a causa de celosos amores, y haber demolido a Villa Crespo, sin otro utensilio que una masa de combate. (AB, 246)


Este extravío por amor señala que la heroicidad del mundo caballeresco se ha perdido, que la locura ha reemplazado el ideal místico de amor del héroe y que la confusión y la destrucción han desplazado «la integridad épica y trágica del hombre» (Bajtin, 1988: 164). En un mundo en crisis, que ha trastocado los valores del amor épico y místico, la escritura se construye utilizando a las estrategias paródicas como tácticas de seducción, pero manteniendo la legislación interna de la épica:

En cuanto al método de mi relato, será necesariamente lineal y rapsódico: seguiré la lección del gran Ludovico en su Orlando Furioso… (MG, 21)

La pérdida de los valores trascendentes del amor implica el extravío del héroe en la Via de amor tras la Madonna Intelligenza  que, a la manera de Ulises en su regreso a Ítaca, se demora en los engaños de un mundo basado en lo material, en los cantos de las sirenas, en la entrega sin moderación en la lujuria, alejándose así de la salvación espiritual. Esta denuncia se entreteje en el recorrido agónico y centrífugo de Adán Buenosayres por la calle Gurruchaga y en su descenso a los infiernos – tal como lo había hecho Dante en la Divina Comedia -, en los preparativos infernales del banquete de Severo Arcángelo y en la guerra de Megafón, con su descenso final al Chateau des Fleurs, que evoca «el jardín secreto donde […] ocultó el italiano Durante – es decir Dante – su fior enigmática» (MG, 285). El relato del mal y la crítica a los vicios se sostienen en la espiral de Tifoneades, cuyo carácter lujurioso señala la dispersión y el extravío de la humanidad en cada una de las diez espiras que, a la manera de las jornadas del Decameron de Boccaccio, será conducida por un guía y simbolizará un vicio, parodiando el amor místico de Dante y Petrarca (MG, 325) y reactualizando el Decameron de Giovanni Boccaccio y los cuentos eróticos de Pietro Aretino, según el cual «el vicio crea en el mundo un desorden fatal e inevitable, y […] el único recurso contra él consiste en contemplar su cortejo de locuras y máscaras para reír» (Alexandrian, 1990: 66):

Sólo puedo adelantarles algunos informes del catálogo: si ellas abren la boca, sólo es para contar historietas de un valor estimulante, repetir con mímica fragmentos del Decamerón, recitar estrofas de Pietro Aretino… (MG, 308)

Debo confesar que, al enfrentarme con la novena rapsodia, tuve que derrotar una tentación a la que habrían sucumbido muchos, ya que la Fundación del griego trae materias que sublimarían al pornógrafo más exigente. Al hacerlo he acatado la lección poético-metafísica de un Ovidio con sus riendas o un Juan Bocaccio en sus frenos de aire, lo cual nos vuelve a demostrar la ventaja de nutrirse con muertos bien elegidos por la crítica. (MG, 299)


De esta forma, si bien se mantiene el impulso del amor porque los amantes del Decameron y Megafón se esfuerzan por «alcanzar el objeto de su amor y vencer las dificultades» y así alcanzar la calma (Gómez Bedate, 1990: XX-XXI), la escritura marechaliana (MG) deforma el juego amoroso del Decameron – libro del triunfo del amor humano en todas sus posibles dimensiones» (Gómez Bedate, 1990: XIX) – constituyendo otra forma de lo grotesco a partir de lo grotesco, en tanto el Decameron es el «coronamiento italiano del realismo grotesco carnavalesco bajo formas más reducidas y pobres» (De Diego, 1986: 71). A su vez, en la escritura de Marechal (en los distintos infiernos: Cacodelphia, el Banquete, la espiral de Tifoneades) como en la de Boccaccio – y en la de Dante Alighieri – se censuran errores, partiendo de hechos y personajes históricos, para buscar la perfección y las virtudes, como otra forma más de la caridad, es decir, de amor al prójimo, de tal forma que el enseñar divirtiendo  implique la aceptación de los vicios con la risa, pero procurando cambiarlos, Boccaccio por la moral con una disminución de la mística por la alegría de un mundo profano y azaroso que parodia la devoción y la penitencia de la Divina Comedia, Marechal y Dante por la religión con la apoteosis del amor místico y la espiritualización de la mujer.
La crítica al amor profano que se construye en la escritura marechaliana con lo cómico y con las convocatorias textuales de las parodias de Orlando Innamorato, de los cuentos de Pietro Aretino y del Decameron se apoya en la concepción mística del amor del dolce stil nuovo, especialmente con Dino Compagni, con Dante y con Petrarca, tal como afirma explícitamente Marechal en “Claves de Adán Buenosayres” (CN, 126-127), explicando, a su vez, la propuesta de los fedeli d’amore que practicaron el dolce stil nuovo:

Sin embargo, ese influjo es tan grande como “definitorio”; y mi terrible maestro lo ejerce, no como autor de la Commedia, sino como integrante y jefe de los “fedeli d’Amore”. […] Me limitaré a decir, en síntesis: a) que los “fieles de Amor” celebraron, en lenguaje amoroso, a una Dama enigmática; b) que dicha Señora, pese a los nombres distintos que le da cada uno de sus amantes (Beatriz, Giovanna o Lauretta), se resuelve al fin en cierta Mujer única y simbólica; c) que la noción de tal Mujer se aclara en Dino Compagni, cuando ese “fiel de Amor” la designa con el nombre de Madonna Intelligentza; d) que Madonna simboliza el Intelecto trascendente por el cual el hombre se une o puede unirse a Dios, y que lo simboliza en su “perfección pasiva o femenina”; e) que, por tanto, Madonna es la Raquel de los hebreos, la Sophia de los gnósticos, la Janua Coeli (puerta del cielo) y la Sedes Sapientiae (asiento de la sabiduría) que los cristianos entendemos en la Virgen Madre. (CN, 126-127)

La escritura de Marechal – y no sólo el Cuadernos de Tapas Azules  de AB, «cuya filiación ha de buscarse, precisamente, en la Vita Nuova del maestro florentino» (CN, 127) – reactualiza y mantiene los valores y las cualificaciones ideológicas de estas textualidades en donde se entrecruzan la poesía trovadoresca, el misticismo y el neoplatonismo, constituyendo el intelletto d’amore el núcleo estructurante con el cual el sujeto colectivo se identifica en un espacio simbólico e ideológico, a partir de esta concepción del amor:

… el amor, lejos de constituir un pecado, no es más que una manifestación, santa y natural, del más elevado instinto del hombre que lo orienta hacia Dios... (Penna, 1944: 39)

La mujer tiene una función casi divina como puente re-ligante, volviéndose casi incorpórea en su espiritualización, convirtiéndose en símbolo y alegoría del amor místicamente espiritual y sublimado, que permite, al despertar virtudes, el ascenso del héroe, del poeta y del lector al cielo, del mismo modo que Dante es conducido por Beatriz en «Il Paradiso» de la Divina Commedia. Al igual que en el código de caballería y de la poesía trovadoresca cortés, en la escritura de los fedeli d’amore, incluida la de Marechal, la Dama es la «donna angelicata», el ideal perfecto adorado que se le rinde culto, la «luce intellettual, piena d’amore» («Paradiso», XXX, 40)[6], la «substancia universal» (BSA, 235) «en la que el poeta deposita su propia concepción de la vida formulada en el sentimiento amoroso como forma de Conocimiento» (Marti, citado en Crespo, 1996: 165), mientras que el caballero o amante – héroe o poeta – sólo adquiere valor amando, porque el amor es signo de espíritu gentil, tal como lo afirma Guido Guinizzelli, el padre de los estilnovistas, en su canción «Al cor gentil ripara sempre Amore». De esta forma, el héroe y el poeta son el amante que realiza el movimiento centrípeto de retorno al centro, opuesto al movimiento centrífugo de dispersión que se señalaba con las convocatorias y los diálogos paródicos.


En este itinerario metafísico o via d’amore, el saludo y la mirada de la Dama – sea Beatriz o Lucía Febrero – adquieren un valor redentor y salvífico, porque al mirar en los ojos y en la sonrisa el alma (Dante, Convite, 3, II, 9), el rostro del conocimiento, de la belleza entendida como la luz de Verdad y de Dios se puede alcanzar el estado de beatitud, es decir, de alegría de las almas en la contemplación de la perfecta visión intelectual, en la unión con el objeto amado sobre el cual «desciende la virtud divina, como desciende sobre el ángel que la ve» (Dante, Convite, 3, II, 37):

Venga, pues, vuestro saludo hacia mí y entre dentro de mi corazón, que ya lo está esperando, amable señora… (Dante, VIII. A una Dama pidiéndole un saludo, 1980: 841)

Sì che appare manifestamente che ne le sue salute abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava la mia capacitade.
Ora, tornando al propósito, dico che poi che la mia beatitudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore, che, partito me da le genti, in solinga parte andai a bagnare la terra d’amarissime lagrime. (Dante, Vita Nuova, XI, XII)[7]

Semejante al viajero en exilio que regresa y vuelve a contemplar el rostro de sus amores, Megafón se conturba y siente que lágrimas de alivio corren por sus mejillas: en aquella mujer ha reconocido a la Novia Olvidada, la que tantas veces meditó él en su vigilia y acarició en su sueño […] Lucía Febrero, ¡y toda ella!, es un canto a la libertad, como si la integrase una bandada inmensa de palomas en vuelo. Y es aquí donde Megafón, que ha triunfado, recibe de la Novia primero “la mirada”, enseguida “el saludo” y finalmente “la voz”. (MG, 337)

Por entregarme al sueño
y equivocar el rumbo,
la Rosa me ha negado
su admirable saludo. (P, El Centauro, 177)

El hacer heroico es, por tanto, el hacer amoroso que implica la posibilidad de hablar por la contemplación de la perfecta visión intelectual «de la belleza, del amor y de la felicidad» (DAAB, 41), realizar el itinerario metafísico de retorno al Centro como Beatriz «que después de una breve peregrinación retorna al cielo, belleza espiritual, o luz intelectual» (De Sanctis, 1952 II: 151) y «¡Vivir en otro eternamente, como la rosa, y por la eternidad del Otro!» (AB, 18) por la virtud unitiva de la Inteligencia Mística  o del Amor, «mediador y principio de las cosas divinas y humanas» (De Sanctis, 1952 II: 150). La filiación  de la escritura marechaliana al dolce stil nuovo  se marca incluso explícitamente al llamar Amigo a Dante:

Pero, ¿quién habló luego del amor? Fue Amigo. Y lo primero que señaló fue aquella virtud amorosa por la cual el Amante, con los ojos vueltos hacia el Amado, se olvida de sí mismo, trueca su forma por la forma de lo que ama, va muriendo a su propia vida y resucitando a la vida del Otro; hasta que por fin el Amante se convierte en Amado. (AB, 379)

Si se le llama Inteligencia, es porque tiene al conocimiento y conoce; si se le dice de amor, es porque su operación ha de semejarse a la operación amorosa. Por lo tanto, siendo amor el movimiento de un amante hacia un amado, que termina o quiere terminar en la unión efectiva del uno con el otro, la inteligencia mística debe de ser el movimiento de un cognoscente hacia un conocido, que termina en la visión efectiva del conocido por el cognoscente. (Marechal, 1944: 21)

Al igual que el movimiento heroico, el arte es trascendente y unitivo, porque permite el ascenso del alma por la belleza al actuar como l amor y la verdad, llevando «de la multiplicidad a la unidad, del efecto a la causa, de la donación al Donante» (Marechal, 1938: 64). El poeta es «un instrumento del Primer Amor» (AB, 256), cuya gloria – tal como la explica Dante - «es su fidelidad como imitador del Verbo y como agente del Primer Amor» (Ibid), en un sacrificio por su vocación, re-ligando con la belleza. De esta manera, la concepción del intelletto d’amore conforma también la poética marechaliana, configurando a la escritura misma como un puente re-ligante, un movimiento intelectual en la via d’amore que permite la virtud y el universo con Dios:

Mas, como Tu palabra se anuncia con lo hermoso
y lo hermoso nos llama ciertamente al amor,
llegué a la espira de mi laberinto
donde ya el Hablador quiere ser el Amado
y el alma se trueca en Amante. (H, 194)

determinando, además, que la búsqueda de la Madonna Intelligentza sea el motor de la poesía, que se transforma así en un decir de amor, tal como la concibe Dante y la poesía stilnovista:

…vive aún y vivirá Lucía Febrero al alcance de los poetas que la busquen. (MG, 340)

y respondiendo, por tanto, a la pregunta un tanto angustiosa que se hiciera Petrarca frente a la escritura y al amor:

S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?
Ma s’egli è Amor; per Dio, che cosa e quale? (Petrarca, In vita, CXXXII)[8]

De esta forma, el recorrido de lectura en la cadena significativa del erotismo sostenida con la reactualización de algunos textos italianos construye la concepción poética y la imago mundi en dos valoraciones y cualificaciones del amor, diferenciando didácticamente el Amor Celeste del Terrestre, es decir, el unitivo, espiritual y místico del carnal y bajo que dispersa, en un proceso de sublimación con el registro serio y de censura o crítica con lo cómico, ridículo o grotesco.
Esto, a su vez, permite señalar que, más allá de las apariencias polifónicas y descentralizadoras que se construyen con las estrategias de carnavalización – apropiadas sobre todo de Gargantúa  y Pantagruel de François Rabelais -, el intelleto d’amore funciona como el movimiento de centralización religioso y místico de la escritura, constituyéndose en la base monológica que determina, por tanto, la no resolución última del dialogismo, a favor de un proyecto anagógico.
Finalmente, es desde esta cadena significativa del erotismo que se puede reconstruir la base ideológica de la escritura marechaliana, en su continuación y renovación de esta memoria cultural, en el reconocimiento del lugar de su escritura y de su voz, cuando el sujeto de la enunciación dice seriamente, oculto tras una aparente irreverencia:

Yo tuve dos encuentros con Amor
(lo juro por la cofia del maestro Alighieri). (H, La erótica, 163)


Bibliografía 
I. Tabla de siglas por orden alfabético:
AB                   Adán Buenosayres
BSA                El Banquete de Severo Arcángelo
CN                  Cuaderno de navegación
DAAB             Descenso y ascenso del alma por la belleza
H                     Heptamerón
MG                 Megafón o la guerra


II. Textos de Leopoldo Marechal
Carta abierta; en «Sur», n° 25 (1936 a), pp. 100-102.
Fundación espiritual de Buenos Aires; en Homenaje a Buenos Aires en el cuarto centenario de la fundación. Ciclo de disertaciones histórico-literarias auspiciado por la Intendencia municipal de la ciudad de Buenos Aires. Buenos Aires: Taller de Jacobo Peuser, 1936 b, pp. 479-492.
Poesía religiosa española, en «Sur», n° 49 (1938), pp. 63-65.
Prólogo; en: de la Cruz, San Juan, Cántico espiritual. Buenos Aires: Ángel Estrada y Cía. S.A. Editores, 1944, pp. 13-33.
Heptamerón. Buenos Aires: Sudamericana, 1974 a.
Cuaderno de navegación. Buenos Aires: Sudamericana, 1974 b.
Poesía (1924-1950). Incluye Días como flechas, Odas para el hombre y la mujer, Laberinto de amor, Poemas australes, El centauro, Sonetos a Sophia y otros poemas, Canto de San Martín, El Viaje de la Primavera, Poemas dispersos y desconocidos. Buenos Aires: Ediciones del 80, 1984.
Adán Buenosayres. Buenos Aires: Planeta, 1994 a.
El Banquete de Severo Arcángelo. Buenos Aires: Planeta, 1994 b.
Megafón o la guerra. Buenos Aires: Planeta, 1994 c.
Descenso y ascenso del alma por la belleza. Buenos Aires: Vórtice, 1994 d.


III. Textos críticos sobre Leopoldo Marechal
Barcia, Pedro Luis. «Introducción biográfica y crítica»; en Marechal, Leopoldo, Adán Buenosayres. Madrid: Castalia, 1994 a, pp. 9-135.
__. «Marechal y la aventura estético religiosa del alma»; en: Marechal, Leopoldo, Descenso y ascenso del alma por la belleza. Buenos Aires: Vórtice, 1994 b, pp. 5-30.
Bravo Herrera, Fernanda Elisa. La teoría del humor en la producción de Leopoldo Marechal. Salta: UNSa, Tesis de Licenciatura, 1997.
Coulson, Graciela. Marechal. La pasión metafísica. Buenos Aires: Fernando García Cambeiro, 1974.
Cricco, Valentín – Fernández, Nora – Paladino, Nilda – Piñeyro, Nidia. Marechal, el otro. La escritura testada de Adán Buenosayres. Buenos Aires: Ediciones de la Serpiente, 1985.
Chiesi, Bernardo A. La espiritualización del eros en la obra de Marechal. Buenos Aires: Centro de estudios latinoamericanos, Colección ensayos breves, n° 3, 1981, pp. 5-21.


IV. Bibliografía general
Alexandrian. Historia de la literatura erótica. La mejor síntesis histórica de un género secularmente prohibido. Buenos Aires: Planeta, 1990.
Alighieri, Dante. Obras ompletas. Madrid: BAC, 1980.
__. La Vida Nueva. Madrid: Siruela, 1985.
Ariosto, Ludovico. L’Orlando Furioso. Milano: Hoepli, 1993.
Bajtin, Mijail. «Epopeya y novela I»; en: Eco, n° 193 (1977), pp. 37-60.
__. «Epopeya y novela II»; en: Eco, n° 195 (1978), pp. 283-300.
__. Problemas de la poética de Dostoievski. México: FCE, 1998.
__. Teoría y estética de la novela. Madrid: Taurus, 1988.
__. Estética de la creación verbal. México: S. XXI, 1990 a.
__. La cultura popular en la Edad Media y Renacimiento. Madrid: Alianza, 1990 b.
Boccaccio, Giovanni. Decamerón. Madrid: Siruela, 1990.
Crespo, Ángel. «Dante y el stil nuovo. Vida y obra de Dante, Petrarca y el humanismo»; en: AAVV, Historia de la literatura. Barcelona: RBA, 1996, tomo I, pp. 157-192.
Cros,  Edmond. Literatura, ideología y sociedad. Madrid: Gredos, 1993.
De Diego, J. A., «Cronología crítica del grotesco»; en: BAAL, LI (1986), pp. 61-140.
De Sanctis, Francesco. Storia della letteratura italiana. Milano: Sonzogno, volumen I.
De Sanctis, Francesco – Flora, Francesco. Historia de la literatura italiana. Buenos Aires: Losada, 1953, tomo II.
Gómez Bedate, Pilar. «Introducción»; en: Boccaccio, Giovanni. Decamerón. Madrid: Siruela, 1990, pp. IX-XXXI.
__. «El cuento en la Edad Media»; en: AAVV, Historia de la literatura. Barcelona: RBA, 1996, tomo I, pp. 193-204.
González Porto-Bompiani et al. Diccionario literario de obras y personajes de todos los tiempos y de todos los países. Barcelona: Montaner y Simón, 1967.
López Suárez, Mercedes. «El Renacimiento italiano»; en: AAVV, Historia de la literatura. Barcelona: RBA, 1994, tomo I, pp. 265-276.
Penna, Mario. Historia de la literatura italiana. Madrid: Atlas, 1944.
Petrarca, Francesco. Cancionero. Barcelona: RBA, 1995.
Vossler, Karl. Historia de la literatura italiana. Barcelona: Labor, 1995.

Notas:

[1] "Reescrituras de textos literarios en la producción de Leopoldo Marechal: sublimación y censura de lo erótico", trabajo presentado en el XIV Congreso de Lengua y Literatura de A.D.I.L.L.I. (Asociación de Docentes e Investigadores de Lengua y Literatura Italianas). Organizado por A.D.I.L.L.I. (Asociación de Docentes e Investigadores de Lengua y Literatura Italianas) y por la Universidad Nacional de Salta. Salta, 21-24 de octubre de 1998. Publicado en Lisi, Fulvia Gabriela (comp.), Erotismo. Clase y sectores sociales en la lengua y la literatura italianas, Vol. I de las Actas del XIV Congreso de Lengua y Literatura Italianas de A.D.I.L.L.I. (Asociación de Docentes e Investigadores de Lengua y Literatura Italianas). Salta: Universidad Nacional de Salta – ADILLI – Instituto Italiano de Cultura, 1999, pp. 149-159.
[2] “Todos mis pensamientos hablan de Amor”.
[3] “Soy uno que, cuando amor me inspira, escribo, y lo voy expresando en el modo que él dentro me dicta”.
[4] Algunos textos de Marechal se citarán por año de edición y otros con siglas. Cfr. “Tabla de siglas” y “Bibliografía” al final de documento.
[5] El Orlando Innamorato fue parodiado también en el Orlandino de Pietro Aretino (1540) y en el Orlandino  de Teofilo Folengo (1526-1527) o Limerno Pitocco que escribió con el seudónimo de Merlino Cacaio las Macarroneas  (1521), un conjunto de poemas ridículos y burlescos. Esta serie de parodias también remiten a la locura caballeresca de Lanzarote del Lago, de la saga artúrica, a la del Quijote de la Mancha de Miguel de Cervantes Saavedra y a la de Ofelia en Hamlet de Shakespeare.
[6] “La luz intelectual, llena de amor”.
[7] “Por todo ello, aparece manifiesto que en su saludo residía mi felicidad, la cual muchas veces sobrepasaba y vencía mis facultades Volviendo ahora a mi propósito, digo que luego que mi felicidad me fue negada, me sobrevino tanto dolor, que, apartado de la gente, a un solitario lugar fui a humedecer la tierra con amarguísimas lágrimas”.
[8] “Si no es amor, ¿qué cosa es lo que siento? Mas si es Amor, por Dios, ¡qué cosa es y cuál?”

Imágenes:
"La Scapigliata", de Leonardo Da Vinci (ca. 1506).
"Orlando Furioso", de Gustave Doré (1877).
"A Tale from the Decameron", de John William Waterhouse (1916).
"Dante and Beatrice", de Henry Holiday (1883).
Orlando innamorato, de Matteo Maria Boiardo. Venezia, Nicolò Zoppino, 1528.


Fedeli d'amore




Dante, Valli y Marechal: “fedeli d’amore” en diálogo[1]

Fernanda Elisa Bravo Herrera

Yo he desertado y cruzo la frontera

detrás de mi señora pensativa,
porque, a la sombra de la verde oliva,
su bandera de amor es mi bandera.
Leopoldo Marechal[2]

Si bien se comparte la desconfianza de Mijail Bajtin sobre el valor de “las opiniones del autor acerca del proceso de la creación de sus personajes” en tanto “son un material con muy poco fundamento” (1990: 15-16), resulta tentador el “mapa de navegación” propuesto por Leopoldo Marechal en “Claves de Adán Buenosayres (1974)[3]. En este texto -dedicado a Adolfo Prieto-, Marechal, retomando el debate alrededor de Adán Buenosayres (1948)[4], expone su lectura crítica tanto del estudio de Prieto de 1959 como de su novela en tanto autor, proponiéndose revelar “el ‘valor intencional’ de la obra, su ‘genealogía’ real y el ‘secreto anímico’ [...] en cuyo ámbito la obra se hizo posible y necesaria” (122). No es la intención de este trabajo limitarse a las declaraciones autoriales, ya que el proceso de producción de un texto se encuentra en el texto mismo; sin embargo es posible interpretar la recepción negativa de Adán Buenosayres como el índice de “ilegibilidad”[5] que señala Bajtin (1990: 16) y que permitiría reconocer, entonces, el valor estético y no sólo biográfico de las “necesarias” opiniones de Marechal sobre su propio “proceso creativo”.
En este trabajo[6], por lo tanto, se intenta leer en algunos textos de la producción de Marechal -partiendo de las claves propuestas por el autor- las huellas, los ecos y las presencias de la escritura dantesca[7], hipotetizando una posible lectura-rescritura marechaliana de aquella a través de la interpretación esotérica que Luigi Valli realizara sobre los “fedeli d’amore” (1994)[8]. 


En “Claves de Adán Buenosayres”, Marechal reconoce en Dante a su “terrible maestro”, cuyo “influjo grande y ‘definitorio’ lo ejerce, no como autor de la Commedia, sino como integrante y jefe de los ‘Fedeli d’Amore’ (1974: 126); por lo tanto, en la escritura marechaliana la huella de Dante no se encontraría solamente en la construcción de los diferentes infiernos propuestos en su producción novelística -Cacodelphia en Adán Buenosayres, el banquete en El Banquete de Severo Arcángelo (1956), la espiral de Tifoneades en Megafón o la guerra (1970)[9]-, sino también -y en forma “definitoria” en su proyección erótica. Esta designación -los Fedeli d’Amore- es una fórmula con la cual Dante identifica a los poetas y trovadores en lengua vulgar que se inscriben en el dolce stil nuovo y son capaces de expresar y comprender, desde las reglas del vasallaje, el lenguaje del amor. Dante registra esta fórmula en la Vita Nova (1292-1293), texto que puede interpretarse no sólo como la historia del encuentro-pérdida y sublimación de Beatrice Portinari, sino también como la historia de la lírica dantesca que rompe las convenciones superadas del amor cortés y busca un nuevo estilo, una nueva palabra poética. Es después de la maravillosa visión del terrible Señor Amor que tiene en mano el corazón ardiente del poeta (1. 14-18), que Dante se decide a narrar su experiencia a otros trovadores[10] con el primer soneto de la Vita Nova, /A ciascun’alma presa e gentil core/, como una forma de solicitarles que juzguen su visión. Se inicia así un intercambio de sonetos con otros poetas florentinos y de los alrededores a quienes Dante saluda, según la fórmula provenzal, como fedeli d’Amore, es decir, como vasallos de corazón noble y gentil en el cual reina el Amor.
El Amor constituye uno de los campos semánticos fundamentales que estructuran y organizan la escritura marechaliana, desde su visión del mundo a nivel celeste y a nivel terrestre[11], hasta su concepción estética en tanto manifiesta, a través de Adán que la “carne” de su “prosa” es de “amor” (1994 a: 355) y el poeta es “instrumento del Primer Amor” (Ibid: 256) que manifiesta “su ‘fidelidad’ como imitador del Verbo” (Ibid) y, por ello, como lo expresa Dante, espera “algún premio divino” (Ibid). En “La Erótica de Heptamerón (1966), Marechal vincula su sistema semántico erótico con el de Dante, fiel de Amor, ya que su poema “se refiere al Amor,/ pero con los talones del retorno” (163) iniciando su canto con la afirmación explícita de su filiación y presentando -como en la Vita Nova- el Amor en la personificación carnal y simbólica:

“Yo tuve dos encuentros con Amor
                (lo juro por la cofia del maestro Alighieri)”. (Ibid)


En una conferencia dictada en 1969, inscripta en la misma “genericidad discursiva” de “Claves de Adán Buenosayres” con el título “Autobiografía de un novelista”[12], Marechal trata de explicar -asumiéndose como el poeta que es y será siempre- su paso a la producción novelística, al sentir “la necesidad urgente de apelar al género narrativo” (62), dando nueva forma a la tradición poética de los Fedeli d’amore[13]. En este texto Marechal reitera el valor de Dante como maestro, no sólo en el descenso infernal a Cacodelphia, sino “sobre todo al Dante que pertenecía a aquella secta misteriosa que se llamaba los ‘Fedeli d’Amore’ y que integraba con Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia (...) todo un conjunto de poetas metafísicos que pertenecían a una organización secreta” (67). Esta declaración del autor conduce a la problemática del género como estructurante de la identidad del sujeto de la enunciación -poeta/novelista- y a la comprensión de los Fedeli d’Amore como poetas de una secta. Esta interpretación, no sólo filológica sino histórica y esotérica, de los poetas del dolce stil novo, coincide con la propuesta de Valli, que recoge y reelabora las lecturas dantescas de Ugo Foscolo, Gabriele Rosetti, Giovanni Pascoli, Francesco Perez y E. Aroux, deconstruyendo y oponiéndose a la crítica oficial, sea romántica, idealista o positivista. Valli sostiene que la poesía de amor italiana de los siglos XI-XIII esconde “appassionate idee mistiche espresse sotto il velo dell’amore” (27) y manifiesta en un lenguaje secreto “l’esigenza eroica di spiritualizzazione della società cristiana, come espressione di un sogno, di un’idea suprema di redenzione” (Viscardi, 1970: 823).  Desde la lectura de Valli, Dante y otros trovadores fedeli d’Amore -entre los cuales, Petrarca y Boccaccio, además de los poetas del área florentina que intercambiaban sonetos- formaban parte de una secta secreta de carácter católico ortodoxo, vinculada políticamente con sectores guibelinos, que “si deve inquadrare tra la strage degli Albigesi e quella dei Templari; si deve incorniciare in quel fervore di tentate rivoluzioni religiose, di aspettazioni apocalittiche, di odii contro la Chiesa carnale, di ricerca della Chiesa ideale” (Valli, 1994: 175).
En declaraciones sobre su proceso de producción, Marechal detalla y explica las modalidades de los Fedeli d’Amore, en tanto “secta heterodoxa de los albigenses, enemigos todos de la Iglesia Católica (2000: 67), que retoma de Dante, y cuya interpretación mística es formulada por Valli. Así, en “Claves”, Marechal señala, como Valli, el uso del lenguaje amoroso y la tradición gnóstica, bíblica y católica en la construcción poética alrededor de una Dama enigmática que oculta tras sus numerosos nombres, una Mujer Única, símbolo del Intelecto trascendente que permite la unión del hombre con Dios (1974: 126). En esa conferencia, Marechal expone la interpretación valliana de la secta metafísica de los Fedeli d’Amore -sin explicitar su procedencia-, indica algunos nombres, explica el intercambio de sonetos en clave, la oposición a la Iglesia corrupta, el carácter abstracto de las mujeres que encarnan en una mujer simbólica, la Amorosa Madonna Intelligentzia, el amor divino, el Intelecto de Amor trascendente en su facultad unitiva. Esta concepción del amor trascendente y unitivo es definida como “inteligencia mística o conocimiento amoroso” en la lectura del Cántico espiritual de san Juan de la Cruz (1944)[14] y se poetiza en forma didáctica en “La Erótica de Heptamerón, partiendo del segundo encuentro con el Amor, bajo la forma del Andrógino en Tuyú -en donde el poeta había matado a la Elegía-, que permite el nacimiento de la Erótica infinita.
Es posible entonces hipotetizar un conocimiento y una lectura de Marechal de la producción de Valli, especialmente de su crítica dantesca, no sólo a partir de los indicios textuales que se encuentran en estas declaraciones del autor en relación con su propio proceso de escritura de Adán Buenosayres, sino también a partir del relevamiento de la biblioteca de Marechal hasta 1950[15], en donde se encuentran al menos cinco textos de Luigi Valli[16]; entre ellos el estudio sobre el lenguaje secreto de Dante y de los Fedeli d’Amore, en la edición de 1928 y el segundo volumen de 1930, dedicado a las “Discussioni e note aggiunte”.
En la escritura marechaliana, la Mujer se construye como símbolo o enigma que remite al Intelletto d'Amore, desde la interpretación de Valli de la Madonna de los Fedeli d'Amore, y se entrecruza con la doctrina agustiniana y neoplatónica. La Mujer Simbólica de la poética marechaliana se va construyendo y reafimando progresivamente desde los poemas de Odas para el hombre y la mujer (1929), Laberinto de amor (1936) y de Sonetos a Sophia (1940), hasta consolidarse y complejizarse en su novelística, y complementariamente en su producción teatral, particularmente en Las Batallas de José Luna (1970). En Adán Buenosayres la figura de Solveig Amundsen se transforma y se sublima a través de la mirada y de la escritura de Adán en su “Cuaderno de Tapas Azules”, “verdadero corazón de la novela” (Marechal, 2000: 69). La crítica[17] y el mismo Marechal en una de sus declaraciones han señalado la vinculación dialógica entre este manuscrito de Adán y el de Dante, correspondiente al libello de la Vita Nova. Es significativo, por otra parte, que los dos manuscritos de Adán Buenosayres escritos por el mismo Adán -y no elaborados por el narrador L.M. como parte de un “gesto penitencial”- son, por una parte, el “Cuaderno” que continúa la Vita Nova y, por otra, “Viaje a la oscura Ciudad de Cacodelphia” que propone un descenso infernal siguiendo la huella de Dante en la Divina Commedia, en donde la revelación del mal se construye en la historia de la humanidad. Es decir que las partes transcriptas en la historia de Adán remiten a la escritura dantesca en su sublimación mística y en su compromiso histórico-social, realizando un camino de ascenso y de descenso, de interiorización y de exteriorización. La Mujer Simbólica de los Fedeli d’Amore no se construye, sin embargo, en Adán Buenosayres sólo en estas dos partes que corresponden a las transcripciones de los manuscritos de Adán, ya que su elaboración se despliega en toda la novela, en vinculación con Solveig Amundsen y con la Flor del Barrio.
Adán, desde el mito cristianizado de Ulises, es el viajero que -como Dante- ha extraviado los caminos por rastrear “las huellas peligrosas de la hermosura” (Ibid, 1994 a: 349) y se propone “encontrar en aquella endeble criatura” [Solveig] “la materia prima de una Laura o de una Beatriz” (Ibid: 288). Es, por lo tanto, definitoria en Adán la sublimación de Solveig, Aquella cuyo “dulce nombre” no puede ser “profanado”, ya que además de configurar a Solveig según el modelo de Beatrice y de señalar el proceso de transformación de una mujer carnal en la Mujer abstracta y simbólica, determina la condición del poeta, “héroe” que emprende la “vía del amor”, es decir, “la experiencia mística del viaje del alma que tiende a unirse a Dios” (Ibid, 1944: 25). La sublimación por la cual se produce la “transmutación de la Solveig terrestre en la Solveig celeste” (Ibid, 2000: 69), que se opera y se narra en el “Cuaderno de Tapas Azules”, se puede identificar, siguiendo la lectura de Valli de la Vita Nova, con el proceso por el cual Dante “aveva idealizzato, trasformato, angelicato e sublimato la donna reale” (Valli, 1994: 57). Marechal concibe a esta Mujer Sublimada como la Amorosa Madonna Intelligentzia, el “puente de plata”, en coincidencia, por tanto, con la lectura de Valli, quien en las “mujeres inverosímiles” de las poesías de amor de los Fedeli d’Amore reconoce la Donna Sapienza o Intelligenza attiva, cuya muerte mística permite la ascensión del poeta hacia Dios.


Por ello, si la re-escritura de la poética amorosa de Dante propuesta por Marechal establece un diálogo interpretativo y coincide ideológicamente con la lectura de Valli del lenguaje secreto de los Fedeli d’Amore, se podría pensar que esta representación de la Donna Intelligenza no es solamente una construcción mística, sino también una crítica a la Iglesia corrupta que esconde y da muerte a la Sabiduría de Dios concedida a la Iglesia primitiva. Desde la interpretación de Valli de las “rimas petrosas” (rime petrose) de Dante, la Madonna Pietra representa, en la jerga secreta de la secta de los Fedeli d’Amore, a la Iglesia de Roma corrupta, después de la donación de tierras que le efectuara Constantino, “che chiude dentro di sé e nasconde agli altri la vera santa Sapienza ricevuta dal Cristo e amata dai ‘Fedeli d’Amore’” (Ibid: 232) y se presenta, entonces, como la “Pietra, la meretrice che si è impossessata del Carro della Chiesa, la quale non soltanto è pietra, ma impietra” (Ibid: 233). En Megafón o la guerra, las Dos Batallas (celeste y terrestre) confluyen en la búsqueda de Lucía Febrero, la Novia Olvidada, que reúne el enigma de la Madonna Intelligenza y el de la Patria en su suceder, cuyo “bautismo” y “revelación” se inscriben en el sainete metafísico La Batalla de José Luna. Lucía Febrero, “mujer increíble para los ciegos y evidente para los hijos de la luz” (Marechal, 1994 b: 85), que “constituye la médula espinal de lo que el Autodidacto llamó su ‘batalla celeste’” (Ibid), pareciera asumir desde la polivalencia semántica y simbólica el valor de la Sapienza cautiva y olvidada, de la Iglesia cuyo destino no ha podido cumplirse porque se ha frustrado[18] o porque, en la Argentina, ha apoyado incondicionalmente al gobierno militar antipopular y oligárquico.
Este olvido de la Madonna Lucía Febrero se evidencia en su cautiverio y en su posible prostitución, en La Batalla de José Luna y en Megafón o la guerra. En La Batalla, Lucía es prisionera, en un conventillo, de Nebiros, el “alcahuete máximo”, el “rufián estupendo”; y en Megafón, Tifoneades la oculta en su Espiral, “lenocinio de gran envergadura o [...] quilombo ecuménico frecuentado por ‘exquisitos’ nacionales e internacionales” (Ibid: 302). Acá, la Signora Pietramala cuando presenta a Megafón, a Tesler y al dúo Barrantes y Barroso una “burda falsificación” de la Novia Olvidada en la Quinta Estancia de la Espiral de Tifoneades o Caracol de Venus, intenta ocultar a la verdadera Lucía Febrero. El Caracol, a su vez, evoca, por una parte, el “jardín secreto donde Juan de Meung ocultó su rose y el italiano Durante su fior enigmática” (Ibid: 285) y, por otra, la parodia de “las tranqueras de la vía iniciática” (Ibid: 312), de “las ‘moradas’ que Teresa de Jesús fue recorriendo, a partir de una exterioridad en sombras hasta una interioridad resplandeciente” (Ibid: 291). A partir de estas marcas es posible sospechar que la Signora Pietramala que administra el prostíbulo “Château des Fleurs”, que ofrece la falsa Lucía y esconde y encadena la verdadera Novia Olvidada, sea la Iglesia corrupta, que ha olvidado la ley de la caridad practicada por el Obispo Frazada, figuración del sector contestario de la Iglesia Argentina, a la vez que la Mistica Rivelazione, por lo que “al posto della Sapienza santa (Beatrice) sta per il momento la meretrice indegna” (Valli, 1994: 26)[19].
De esta forma, en la producción de Marechal se actualizan algunos nudos semánticos de la textualidad dantesca, vinculados con el erotismo ambivalente, sublimado por la mística y, a la vez, en posición crítica a la política de su tiempo. La propuesta de Valli y la interpretación marechaliana del mundo dantesco entran en un diálogo intertextual, trazando así el horizonte ideológico. Valli y Marechal, lectores o “precursores” de Dante se convierten, por tanto, en lectores-escritores que re-escriben e interpretan la poesía dantesca y, aparentemente, desde la clave de los Fedeli d’Amore. Se releva así un importante trabajo de selección sobre los textos anteriores y, con ellos, del pasado, de la memoria y el olvido, en el proceso de identificación y afirmación de la propia voz, de la propia cultura. De este modo, la apropiación de la palabra dantesca opera en la palabra marechaliana no sólo la recuperación de la mística, sino también la afirmación de la tradición que reconoce como herencia propia y legítima la cultura clásica europea desde un sujeto valorado y situado desde su diferenciado lugar histórico y cultural, tal como lo afirmara Marechal en una carta:

“Somos herederos de la “sustancia intelectual” de Europa, herederos legítimos y directos. Alighieri, Cervantes y Shakespeare son tan míos como podrían serlo de un italiano, un español y un inglés. [...] lo que debemos hacer es tomar posesión de nuestra heredad legítima y cultivarla con nuestros cuerpos y nuestras almas de americanos.” [20]




[1] Publicado en Bottiglieri, Nicola, Colque, Teresa (comp.), Dante en América Latina. Actas Primer Congreso Internacional sobre Dante Alighieri en Latinoamérica (Salta, 4-8 de octubre de 2004), Vol. I. Ercolano: Università degli Studi di Cassino – ICoN (Italian Culture on the Net), Collana Scientifica, 14, Studi Archeologici, Artistici, Filologici, Filosofici, Letterari e Storici, 2007, pp. 285 – 297.
[2] Marechal, Leopoldo, “Del adiós a la guerra” en Sonetos a Sophia y otros poemas. Buenos Aires: Sol y Luna, 1940 [en La Nación, 26 de febrero de 1939, 2a. sec., pp. 1].
[3] En Marechal, Leopoldo, Cuaderno de navegación. Buenos Aires: Sudamericana, 1974, pp. 121- 141 [Buenos Aires: Sudamericana, 1966].
[4] Marechal, Leopoldo, Adán Buenosayres. Buenos Aires: Planeta, 1994 a [Buenos Aires: Sudamericana, 1948].
[5] El “índice de ilegibilidad” de Adán Buenosayres no es ni uniforme ni homogéneo, ya que el rechazo y la “consigna de silencio” (la no-legibilidad) se determina por las distancias y diferencias no sólo estéticas, sino también políticas, entre Marechal y los otros miembros del campo literario y cultural de los años 50 en la Argentina.
[6] Esta ponencia presenta en forma provisoria y parcial algunas de las cuestiones, hipótesis y problemáticas sobre las parodias en la producción de Leopoldo Marechal como reescrituras-lecturas de la “tradición” literaria y cultural, estudiadas en el ámbito del Dottorato di Ricerca in Letteratura Comparata e Traduzione del Testo Letterario en la Università degli Studi di Siena, bajo la dirección de Antonio Melis y Zulma Palermo, y coordinado por Antonio Prete.
[7] Ediciones consultadas: Alighieri, Dante, Obras completas. Madrid: BAC, 19804; Vita Nova. Milano: Oscar Mondadori, 1999.
[8]  La primera edición de Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore” de Luigi Valli fue publicada en 1928 por la editorial Optima de Roma. La edición consultada (1994, Luni) reproduce la segunda edición de 1930, enriquecida con un segundo volumen en donde se incluyen las discusiones y las notas a la propuesta de Valli.
[9] Marechal, Leopoldo, Megafón o la guerra. Buenos Aires: Planeta, 1994 b [Buenos Aires: Sudamericana, 1970].
[10] Algunos de los posibles trovadores toscanos con los cuales Dante intercambiaba sonetos son Guido Cavalcanti, Guido da Maiano, Terino da Castelfiorentino, Forese Donati. Son los tres primeros los que probablemente responden al soneto /A ciascun’alma presa e gentil core/, y que serían los amigos a los cuales se refiere Dante en la Vita Nova.
[11] La construcción del eje erótico en la producción de Marechal, en relación con algunas textualidades italianas ha sido planteada en Bravo Herrera, 1999.
[12] Marechal, Leopoldo, “Autobiografía de un novelista” en Revista Proa N° 49, 2000, setiembre- octubre, pp. 61-71.
[13] Eduardo Romano problematiza la cuestión del género y la traslación de lo poético en la narrativa marechaliana (1997).
[14] La edición consultada es Marechal, Leopoldo, “Prólogo” en La Cruz, San Juan de, Cántico espiritual. Buenos Aires: Ángel Estrada y Cía. S.A. Editores, 1944, pp. 13-33.
[15] El relevamiento de la biblioteca de Marechal hasta 1950, que fue gentilmente comunicado por la Fundación Leopoldo Marechal, recoge los datos de los libros de Marechal que actualmente se encuentran en la biblioteca de la Universidad Nacional de Rosario.
[16] Los libros de Luigi Valli que se encontraban en la biblioteca de Marechal hasta 1950, según el relevamiento bibliográfico de la Fundación Leopoldo Marechal, son los siguientes: Ritmi. Roma: Optima, 1929; Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d'Amore”. Roma: Biblioteca di Filosofia e Scienza, 1928; Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d'Amore”. Vol. II. Roma: Biblioteca di Filosofia e Scienza, 1930; La struttura morale dell'Universo Dantesco. Roma: Tipografica Sallustiana, 1935;  Il secreto della Croce e dell'Aquila nella Divina Commedia. Bologna: Nicola Zanichelli, 1922.
[17] Entre los críticos que establecen la vinculación intertextual de la escritura marechaliana con la dantesca, se encuentran Adolfo Prieto, Graciela Coulson, Jean-François Podeur, Fernando Colla y Pedro Luis Barcia, algunos de los cuales además establecen el contacto dialógico con la propuesta de René Guénon en L’ésoterisme de Dante (1925), aún cuando no se encuentra dicho texto en el repertorio bibliográfico, lo cual, sin embargo, no sería determinante ni excluyente.
[18] “¡Todos esos candelabros de plata que ardieron para nadie! ¡Y dos manos que habían sido hechas para bendecir el amor y que no se tendieron aquella noche! ¡Y las campanas que gritaron inútilmente porque nadie vino! ¡Y el organista que no llenó de aire los tubos ni recorrió los teclados! [...] ¡Lo que ha trastornado a Lucía es aquella luz de iglesia que no cumplió su destino, y aquella música de órgano que no pudo nacer, y las dos manos bendecidoras que no hicieron su oficio, y las campanas que se desgañitaron en balde!” (Marechal, 1994 b: 89).
[19] Otra representación de la mujer simbólica enigmática en la escritura marechaliana, vinculada con el “extraño linaje de amor” (Marechal, 1994 b: 85), es la de la Flor del Barrio de Flores que Adán encuentra tanto en su viaje diurno (Ibid, 1994 a: 85-86) como en el nocturno (Ibid: 345), por la calle Monte Egmont y Gurruchaga. Esta Flor del Barrio, novia en acecho, en espera y también olvidada como Lucía Febrero, es, para el narrador de la gesta megafoniana, “el símbolo de la ‘indeterminación absoluta’” (Ibid, 1994 b: 85), que en el viaje nocturno se identifica con el terrible rostro de la Muerte, posible símbolo de la muerte del “antiguo” Adán y, de la revelación de la verdad por la mística, desde la lectura dantesca de Valli del lenguaje en clave del dolce stil novo.
[20] Marechal, Leopoldo, “Carta al Dr. Atilio dell’Oro Maini” en Ediciones Cultura Hispánica. Madrid, 1957. Reproducida en Marechal, Leopoldo, Obras Completas. Volumen V. Buenos Aires: Perfil Libros, 1998, pp. 321-323.


Bibliografía no citada en nota:

BAJTIN, Mijail, Estética de la creación verbal. México: S. XXI, 19904.
BARCIA, Pedro Luis, “Introducción biográfica y crítica” en MARECHAL, Leopoldo, Adán Buenosayres. Madrid: Castalia, 1994, pp. 9-135.
BRAVO HERRERA, Fernanda Elisa, “Reescrituras de textos italianos en la producción de Lepoldo Marechal: sublimación y censura de lo erótico” en LISI, Fulvia Gabriela (comp.), Erotismo. Clase y sectores sociales en la lengua y la literatura italianas. Volumen I. Salta: Universidad Nacional de Salta, 1999, pp. 149 - 159.
COLLA, Fernando, Leopoldo Marechal. La conquista de la realidad. Córdoba: Alción, 1991.
COULSON, Graciela, Marechal. La pasión metafísica. Buenos Aires: Fernando García Cambeiro, 1974.
PRIETO, Adolfo, “Los dos mundos de Adán Buenosayres” en MARECHAL, Leopoldo, Adán Buenosayres. Madrid: ALLCA, 1997 (Colección Archivos, 31), pp. 897 –907 [en Boletín de Literaturas Hispánicas, n. 1. Rosario: Instituto de Letras, 1959, pp. 57 -74].
PODEUR, Jean-François, La femme et l'enfance dans l'oeuvre de Leopoldo Marechal. Tesis de Doctorado en Université de la Sorbonne Nouvelle, Paris III, 1985 - 1986.
ROMANO, Eduardo, “La poesía de Leopoldo Marechal y lo poético en Adán Buenosayres” en MARECHAL, Leopoldo, Adán Buenosayres. Madrid: ALLCA, 1997 (Colección Archivos, 31), pp. 618 – 653.
VALLI, Luigi, Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore”. Milano: Luni Editrice, 1994.
VISCARDI, Antonio, “Fedeli d’Amore” en AAVV, Enciclopedia Dantesca. Volumen II. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1970, pp. 822- 824.

Imágenes:
Paradiso, Canto XIV, 85-87. El cielo de Marte, de Gustave Doré (1861).
“Dante and Beatrice”, de John William Waterhouse (1915).
“The salutation of Beatrice”, de Dante Gabriel Rosetti (1859).