sábado, 18 de marzo de 2017

La lingua batte dove il dente duole, de Andrea Camilleri - Tullio De Mauro (2013)



«DE MAURO Allora, già che abbiamo tra le mani il Meneghello di Libera nos a Malo, un’altra citazione: “La lingua si muove come una corrente: normalmente il suo flusso sordo non si avverte, perché ci siamo dentro, ma quando torna qualche emigrato si può misurare la distanza dal punto dove è uscito a riva. Tornando dopo dieci anni, dopo venti anno dalle Australie, dalle Americhe: in famiglia hanno continuato a parlare lo stesso dialetto che parlavano qui con noi, che parlavano tutti; tornano e sembrano gente di un altro paese o di un’altra età. Eppure non è la loro lingua che si è alterata, è la nostra. È come se anche le parole tornassero in patria, ri riconoscono con uno strano sentimento, spesso dopo un po’ di esitazione: di qualcuna perfino ci si vergogna un poco”.
In Italia, si tratta di un’esperienza piuttosto comune. Basta parlare con un nostro emigrato, magari con qualche professore di università, anche di seconda generazione, di origine italiana, diventato un bravo studioso negli Stati Uniti o in Autralia. Se ha perduto i contatti con l’Italia si avverte nel suo modo di esprimersi una vera e propria frattura, perché parla il dialetto che si è portato via dal Paese quaranta, cinquant’anni fa.
Del resto, ti ricordi in quella poesia di Pavese, una delle prime, I mari del Sud, il dialoho con un cugino emigrato per anni e poi tornato nelle Langhe? “Non parla italiano / ma adopera lento il dialetti, che, come le pietre / di questo stesso colle, è scabro tanto / che vent’anni di idiomi e di oceani diversi / non gliel’hanno scalfito”. Certo, Meneghello è stato un osservatore privilegiato perché non ha mai perso i contatti con Malo e poteva osservare questo fenomeno da una cattedra di italianistica a Reading.»

Andrea Camilleri – Tullio De Mauro, La lingua batte dove il dente duole. Bari: Laterza, 2013.

Luigi Meneghello, Libera nos a malo. Milano: Feltrinelli, 1963.


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